dama di piazza

A volte il padre le dice: «Mi sembri una dama di piazza», e vuol intendere, con quella vecchia denominazione popolare, una donna della nobiltà (M. Prisco, «La dama di piazza»).

Indicò fatua il maggiore come per chiamarlo in causa. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

Figuriamoci se la signora Annetta, chiamata in causa, non si affrettasse a confermare le parole del suo nobile interlocutore. (E. Castelnuovo, «L'onorevole Paolo Leonforte»)

Clelia continua a tenersi un po' lontana. Ma ora viene chiamata in causa da Momina che le si avvicina. (M. Antonioni, «Le amiche»)

Chiamare in causa il giornalismo a proposito della disputa intorno al linguaggio sembrerebbe una operazione più ovvia che necessaria («La nuova questione della lingua»).

A questo punto Sofia s'accorse che la conversazione poteva degenerare e cercò angustiata d'intervenire: in parte, anche, si sentiva chiamata in causa da quella allusione. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

Ma il tram è meglio non prenderlo in piazza, così non date nell'occhio. Del resto avete le carte in regola. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

— Non c'entra discutere, di queste cose, — fa allora Elia.

E cercava di farsi un'idea dell'esistenza di queste donnine amabili e spensierate che attirano gli uomini come il miele attira le mosche. (E.Castelnuovo, «I coniugi Bordelli»)

Aveva una tana in centro, il mio quasi fidanzato, e me la decantava illudendosi che la sua teiera" e il suo giradischi mi avrebbero alla fine attirata lassù come la rondine al nido. (G.Marotta, «Le milanesi»)

Quando c'era Antonio, buonanima, ci veniva gente, un avvocato attira le persone come lo zucchero attira le mosche. (M.Prisco, «La dama di piazza»)

Questa notizia, che divideva e quindi indeboliva avversari di Costanza, riportò l'acqua nel mulino della zia la quale, dal venti per cento a cui era salita, ritornò precipitosamente al quindici. (F. Sacchi, «La primadonna»)

...è di quelli chi vanno al Parlamento per tirar l'acqua al loro mulino. (E. Castelnuovo, «L'onorevole Paolo Leonforte»)

Ognuno tira l'acqua al proprio mulino. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

...si capisce, dal momento che finiva l'America, e dove la trova, un'altra donna come lei, non solo bella e piacente, ma compiacente in tutti i capricci possibili e immaginabili?. (M.Prisco, «La dama di piazza»)

Venite al bar! Vi posso offrire cento americani, non uno! Sono di manica larga, di bocca buona non guardano tanto per il sottile. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

...quando l'occupazione si estese all'intero territorio, i militari bonaccioni non guardavano per il sottile, si dimostrarono di bocca buona. (A. Drago, «Il fidanzato»)

«E poi, quando siete stati qui in tre o quattro a dir male del governo, che avete concluso? Le chiacchiere non fanno farina». (C. Cassola, «Il taglio del bosco»)

«Gesù, e come sei suscettibile! Si fa per dire: e del resto son fatti e non chiacchiere».

Ti raccomando Aurora: non la perdere d'occhio, tienila sotto chiave. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

Chiudo sotto la chiave della prudenza quanto mi scrivi intorno a Scarpa. (V. Monti, «Opere»)

«Appunto: chiodo scaccia chiodo. Ed io ho pure la persona che fa per la nostra bella signorina». (M. Prisco, «La dama di piazza»)

Di fuori, tutto sembra facile; facile anche dar consigli: scappa, procurati qualche altro pensiero, chiodo scaccia chiodo e via di seguito. (G. Testori, «Il Brianza e altri racconti»)

...io sono venuto qui diverse volte per dare un colpo d'occhio ai lavori. (G. Verdi, «Autobiografia dalle lettere»)

Dal balcone, del resto, il colpo d'occhio era magnifico, e il principe l'aveva proprio di fronte. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

Il colpo d'occhio de' tedeschi nelle stesse materie non è mai sicuro. (G. Leopardi, «Zibaldone di pensieri»)

— Non rubiamo ai Francesi il loro coup d'œil, e contentiamoci del nostro accorgimento, avvedutezza, perspicacia, ecc. — I mercanti debbono avere un bel colpo d'occhio. (F. Ugolini, «Vocabolario di parole e modi errati»)

«Lo sapete che avete fatto colpo sul barone?». (M. Prisco, «La dama di piazza»)

Credevate di far colpo per la vostra bella faccia?... (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Disse: e, senza attendere che la serva mostrasse d'aver capito, ma sicura d'aver fatto colpo, tornò sui suoi passi, rigida e lesta. (M. Puccini, «Ebrei»)

«Bevete qualcosa? Mayer è giù di corda, stasera, bisogna consolarlo». (M. Prisco, «La dama di piazza»)

Elena doveva essere di buon umore, altrimenti non avrebbe suonato la «Marcia turca». Quando era giù di corda la sua preferenza andava a Chopin. (M. Venturi, «L'appuntamento»)

Nella casa di via San Sebastianello, non vedo perché non ci vai a stare tu, dato che mi sembri dalle lettere molto giù di corda e annoiata di stare in campagna. (N. Ginzburg, «Caro Michele»)

Il giorno dopo Giordano si recò in negozio dal padre. Il vecchio era veramente giù di corda. (L. Preti, «Giovinezza, giovinezza»)

...per la prima volta vestito e nutrito, con un letto e un tetto, e persino con qualche soldo in saccoccia, mi meravigliavo e quasi non ci credevo e mi ripetevo: «Facciamo corna... ma vuoi vedere che non dura... facciamo corna». (A. Moravia, «Racconti romani»)

Ma faccio le corna, non voglio morire tisica e giovane!. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

...tale supposizione che quell'idea ha preso corpo e sarà forse ben presto realtà... ha esasperato donna Amalia. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

Il santuario di Acugnano prendeva corpo. Poste le fondamenta, si disegnava ormai lo scheletro. (G. Piovene, «Le furie»)

E cos'è la vocazione d'un essere umano, se non la più alta espessione del suo amore per la vita? Noi dobbiamo allora aspettare... che la sua vocazione si svegli, e prenda corpo. (N. Ginzburg, «Le piccole virtù»)

Ho preso una cotta, sono imbastito non vado più avanti, non ne posso più, detto da chi va in bicicletta. (A. Menarini, «Il cinema nella lingua. La lingua nel cinema»)

— Di modo che — conclusi io con un sorriso — tu ci prendesti una cotta maledetta.

Per questo ragazzo, il padre e zia Sofia hanno preso proprio una cotta. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

...tuttavia continuava a disertare le aule universitarie perché si sentiva in credito con la vita, i divertimenti, il giuoco, le donne. (M. Prisco, «La dama di piazza»)

«Che», le disse poi Arturo... «Oggi non hai appetito? Perché fai quella faccia appesa?». (M. Prisco, «La dama di piazza»)